Indice dei Conflitti

L’Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED), che si occupa dal 2005 della collezione di dati, analisi e mappature dei conflitti nel mondo, dal 2020 al 2024, ha registrato un aumento del 40% dei conflitti nel mondo,  praticamente una persona su sei abita in un territorio coinvolto in una qualunque forma di ostilità. Eppure, malgrado tutte le situazioni di guerra presenti nel mondo, si parla per lo più dei conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese, dimenticando del tutto Paesi come il Myanmar, nonostante sulla lista dell’ACLED sia classificato come il conflitto più violento e frammentato.

Myanmar Vincolato in una delle guerre civili più lunghe di tutta la storia, iniziata una ventina di anni dopo l’indipendenza dall’Impero Britannico, il Myanmar, allora conosciuto come Burma, con la salita al potere della giunta militare tramite un golpe, entra sotto la dittatura del generale Ne Win insieme all’unico partito legalizzato, il Burma socialist party programme. Nel 1989 dopo la rivolta “8888” il Paese cambia nome in Unione del Myanmar e viene abolito il monopartitismo, ma nel 1990 la giunta riprende il potere con un nuovo putsch. Nel 2010 dopo la rivoluzione zafferano, il governo militare birmano ha attuato una serie di graduali riforme politiche, instaurando un governo civile, scarcerando oppositori politici e convocando libere elezioni parlamentari. Ad aprile 2021 dopo un’ ennesima vittoria schiacciante della Lega Nazionale per la Democrazia, i militari fanno un altro golpe facendo tornare il paese in una dittatura. La giunta militare ha sempre portato avanti politiche di “burmanizzazione” cercando di assimilare le varie etnie a quella  Bamar (l’etnia prevalente per i ⅔ del totale), e nel caso le suddette minoranze non si riescano ad assimilare, allora vengono epurate come nel caso dei Rohingya nello stato del Rakhine. Per quanto riguarda gli aiuti umanitari, questi  vengono ostacolati tramite blocchi stradali e attacchi diretti, perciò, non c’è modo di aiutare la popolazione locale. Seppur ad oggi le zone rurali presentano una forte opposizione armata e politica (come nel caso dell’ UNG: Governo di Unità Nazionale), la strada per il termine del conflitto sembra ancora lunga e la comunità internazionale, nonostante l’incontro alle Nazioni Unite il 4 aprile dove si è trattato del tema, non sembra abilitarsi in modo concreto per porre fine al conflitto.

Siria La Siria è un giovane paese su terre antichissime, che nasce grazie all’indipendenza ottenuta nel ’46 dalla Francia. Il suo popolo ha dovuto affrontare molti colpi di stato organizzati da paesi stranieri, regimi militari e dittature. Nel 2011, sull’onda delle rivolte della primavera araba, scoppiano rivolte a Dar’a per poi espandersi nel resto del paese con l’insurrezione di gruppi armati, contro il regime di Bashar al-Assad. Tra i gruppi di opposizione quelli che riuscirono ad ottenere i risultati migliori furono i curdi nel nord-est del paese e il neonato Esercito Libero Siriano, che al suo apice riuscì a controllare 1/3 del paese. Questi gruppi armati erano supportati economicamente e militarmente dall’Occidente e dai Paesi del Golfo, in particolare USA, Qatar e Arabia Saudita. Però, nel 2017 al-Assad riesce a riottenere il controllo del paese fino al fiume Eufrate grazie al supporto di Mosca. Ad oggi, la zona di Rojava rimane autonoma sotto il controllo dei curdi,  il Nord Ovest è sotto il controllo turco e le Alture del Golan rimangono sotto il controllo di Israele. Il conflitto in Siria viene usato come pretesto  dalle Potenze regionali e mondiali per la sperimentazioni di armi e per ottenere il controllo della regione, anche a costo di usare armi proibite dal diritto internazionale come le bombe a grappolo lanciate dalla Russia su Aleppo, l’uso delle bombe al fosforo da parte degli USA (durante l’attacco  combinato su Al-Raqqa da parte di USA, Regno Unito e Francia) e le armi chimiche come gas nervino usate dal regime di Assad. Da questo afflusso massiccio di soldi e armi, ne guadagnano decisamente le cellule jihadiste affiliate ad Al-Qaeda e allo Stato Islamico. Già prima della guerra, Human Rights Watch pone la Siria agli ultimi posti per il rispetto dei diritti umani, infatti il dissenso viene represso nella violenza come nel caso del massacro di Ḥamā, per non parlare delle minoranze curde e turcomanne perseguitate da sempre in Siria. Su una popolazione di circa 22 milioni di persone poco prima della primavera araba, il 30% viveva sotto la soglia di povertà e l’11% sotto il livello di sussistenza. E come se non bastasse si è aggiunto nel febbraio del 2023 un terremoto devastante che a contrario di quanto hanno riportato i media, ha riguardato pure la Siria oltre che la Turchia e, nonostante ciò, la prima ha ricevuto aiuti umanitari decisamente minori, difatti, ancora ad oggi ci sono milioni di sfollati nel paese che hanno terribilmente bisogno di aiuto dinanzi all’indifferenza generale della comunità internazionale.

Sudan Sin dalla sua indipendenza nel 1956, in Sudan si sono instaurate in modo alterno, dopo una serie di golpe, più giunte militari al governo, fino ad arrivare nel 1989 col regime di Omar al Bashir, accusato dalla Corte penale internazionale di essere stato responsabile di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e di genocidio. Infatti, durante il suo mandato, ci furono due guerre civili (tra le peggiori del XX secolo) ed il genocidio nella regione del Darfur (perpetuato dai battaglioni nazionalisti arabi musulmani del Nord ai danni delle popolazioni non-arabe del Sud). Nel 2019 venne deposto con un ennesimo golpe attuato da Abdel Burhan, in vista di una transizione ad un governo più democratico, tant’è vero che diventerà presidente del consiglio militare di transizione.

In 2 anni di democrazia il Sudan vide un progresso inedito che venne interrotto nel 2021 dallo stesso Burhan, con un ennesimo putsch, che gli fece ottenere il potere insieme a Hemedti, capo delle Rapid Support Forces (RSF), nelle quali rientrano anche i Janjawid: gruppi armati responsabili del genocidio in Darfur. Nel 2023 Burhan tentò di assimilare le RSF nell’esercito regolare, per averne un controllo migliore, togliendo così tutto il potere effettivo di Hemedti, da quel gioco di potere ebbe inizio la guerra civile tra l’esercito regolare di Burhan e le RSF.

 Con quest’ ulteriore instabilità, nella già destabilizzata, regione del Sahel, si teme il collasso dei paesi vicini già in grave crisi come: il Ciad dove a dicembre 2023 si contavano 495000 profughi sudanesi insieme ai 130000 ciadiani che tornavano dal Sudan oppure il giovanissimo Sudan del Sud, con l’arrivo di circa 530000 persone dal Sudan a fine gennaio 2024 (secondo la svizzera DSC). Nonostante sia più recente del conflitto russo-ucraino, nello stesso arco di tempo, durante la raccolta fondi organizzata dall’ONU sono stati raccolti dieci volte più fondi per l’Ucraina rispetto al Sudan. Ad oggi il Sudan è in piena carestia e siccità, tant’è vero, che si stima che oltre 27 milioni di persone, ossia più della metà della popolazione sudanese, hanno bisogno di un sostegno umanitario. Eppure, la popolazione bisognosa del Sudan è finita nel dimenticatoio mediatico totale, nonostante il 15 aprile ci fosse stata una conferenza a Parigi sulla questione (dove non sono stati invitati né Burhan né Hemedti in quanto ritenuti entrambi illegittimi). Da questa conferenza, a parte la  solidarietà espressa e un’esigua somma di soldi raccolta, la comunità internazionale (in questo caso particolare, l’Unione Europea) non sembra essere riuscita a prendere una posizione solida e attuare politiche effettivamente utili.

E questi sono solo tre esempi dei tanti conflitti attuati ogni giorno in angoli del globo dimenticati da tutti; milioni di persone abbandonate alle violenze perpetrate da tutti i fronti trattati. Ciò che noi possiamo fare è non dimenticare, parlarne e rendere le persone coscienti del fatto che non si possono avere approcci diversi su conflitti tanto devastanti quanto questi.

Bibliografia

ACLED Conflict Index, Ranking violent conflict levels across the world, Updated: Gennaio 2024 https://acleddata.com/conflict-index/

Expanding conflict in northern Myanmar displaces more than 200,000, Radio Free Asia 15 Novembre 2023 https://www.rfa.org/english/news/myanmar/displaced-11152023170124.html

What is the Myanmar military’s ‘four cuts’ strategy? Al Jazeera 5 Luglio 2021 https://www.aljazeera.com/news/2021/7/5/what-is-the-myanmar-militarys-four-cuts-strategy

UN Shows Conflicting Approaches to Myanmar Crisis, Human Rights Watch 4 Aprile 2024 https://www.hrw.org/news/2024/04/04/un-shows-conflicting-approaches-myanmar-crisis

Guerra in Siria, 13 anni di violenza e distruzione 14 Marzo 2024 https://www.intersos.org/da-13-anni-la-guerra-in-siria-continua-a-causare-sfollamenti-e-distruzione/#:~:text=Sono%20trascorsi%2013%20anni%20dall,inizio%20della%20crisi%2C%20nel%202011.

Conferenza umanitaria internazionale per il Sudan e i paesi vicini (Parigi, 15.04.2024) Ambassade de France en Italie https://it.ambafrance.org/Conferenza-umanitaria-internazionale-per-il-Sudan-e-i-paesi-vicini-Parigi-15-04

Sudan: una crisi lontana da ogni sguardo, Direzione dello sviluppo e della cooperazione svizzera, 26 Febbraio 2024 https://www.eda.admin.ch/deza/it/home/dsc/aktuell/newsuebersicht/2024/02/sudan.html

Il Sudan e la guerra ‘fantasma’ 16 Aprile 2024 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-sudan-e-la-guerra-fantasma-170303