Il 29 Gennaio al Teatro dell’opera di Roma si è esibita la Chicago Symphony Orchestra diretta dal Maestro Riccardo Muti. Tuttavia, l’orchestra e il direttore non davano completamente le spalle al pubblico perché sul palcoscenico, dietro alle trombe, ai violini e ai timpani c’eravamo noi studenti del Francesco d’Assisi e altre quattro scuole.

Prima di sederci nella camera acustica abbiamo avuto l’occasione di vedere i camerini e corridoi, più piccoli e stretti di quanto pensassimo. Una volta dopo aver preso posto a sedere, i nostri cellulari sono corsi nelle nostre tasche, spaventati dalle pressione che si sentiva dalle quinte. Mentre guardavamo con forte imbarazzo gli occhi degli altri spettatori in platea fissi su di noi, i membri dell’orchestra accordavano gli strumenti. Soprattutto il timpanista che sembrava già avvolto nelle note degli spartiti. 

Le luci iniziano a calare, il nero avvolge la platea e, dalle quinte, fa il suo trionfale ingresso il Maestro Muti con la sua folta chioma di capelli. Appena intravisto dalla platea, si leva un lungo scroscio d’applausi, proveniente anche dal palchetto reale. Il pubblico sa che durante la serata ascolterà dei brani a cavallo tra 800’ e 900’. Infatti, nel primo tempo, ascolteremo musica d’avanguardia russa come: Il lago incantato di Anatolij Ljadov e L’oiseau de feu (L’uccello di fuoco) di Stravinskij. Il maestro prende posizione e, appena cala il silenzio, gli archetti scivolano lungo le corde dei violini. Con il passare del tempo, lo spettatore si fonde con la dolce sinfonia, finché non sopraggiunge l’effetto sorpresa dell’uccello di fuoco. Dopo essere sobbalzati dalle nostre sedie, abbiamo avuto quello che si potrebbe definire“colpo di meraviglia” tale da essere rimasti sorpresi non solo dalla direzione netta e ben scandita di Muti ma anche dall’energia ritmica dell’orchestra, espressa dagli strumenti. 

Dopo l’intervallo inizia il secondo tempo, occupato interamente da Aus Italien di Richard Strauss, opera incisa da Muti, che riesce a omaggiare così magistralmente l’Italia. Nell’ultimo movimento è presente una citazione di Funiculì, funiculà, composta nel 1880 da Denza, pochi anni prima del brano di Strauss, che invece la reputava come una canzone popolare. Termina così il concerto, con l’ovazione del pubblico al Maestro che, dopo aver espresso brevemente il suo ringraziamento, regala al pubblico, come bis, una formidabile esecuzione dell’ouverture dalla Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi.

Riccardo Muti si è contraddistinto per la forza del proprio legame artistico con l’orchestra e per la dedizione nell’esecuzione di opere sia passate che presenti.

E’ stata un’esperienza indimenticabile e irripetibile che ha scosso il nostro animo sul piano sensibile, regalandoci un’emozione da voler rivivere, possibilmente, in futuro.

Fonti:

www.operaroma.it

www.apemusicale.it