Paziente: Anita Bianchi 01/02/2023

Anita è una ragazza di 16 anni, abbastanza alta, con gambe toniche, fianchi stretti e delle belle spalle robuste.                                                                                                                                             
E’ una ragazza particolare, ama l’arte in tutte le sue forme, ma più di tutto le piacciono i colori. Non tutti però: ama il rosso, il giallo, il viola, il verde, persino il nero e il bianco, ma non sopporta il blu. E’ molto matura per l’età che ha, tanto che spesso ha difficoltà a trovarsi a suo agio con i propri coetanei, nonostante abbia la capacità di piacere a chiunque le stia vicino; eppure lei continua ad affermare che in un mondo come quello di oggi, in cui l’apparenza vale più della sostanza, esistono due sole vie d’uscita: o ti adegui, o ti abitui all’idea di essere reputato un pazzo, solo perché diverso. Anita ha sempre più frequenti episodi di “derealizzazione”, anche detta “depersonalizzazione”, e afferma di sentirsi spesso stordita, di sentirsi come scollegata dal proprio corpo e di sentire persone, a lei da sempre vicine, improvvisamente estranee. Dice di sentirsi come in un sogno, di percepire l’irrealtà della vita stessa e di sentirsi distaccata da tutto ciò che la riguarda, comprese sensazioni ed emozioni, esattamente come se stesse guardando la sua vita da un punto di vista esterno. Odia nuotare, la spaventa, però adora passare il tempo a guardare il suo riflesso nell’acqua: dice che è l’unica cosa che la fa sentire ancora parte della sua vita, della sua mente, l’unica cosa che le fa capire che lei è ancora dentro al suo corpo e che l’unico modo per guardarsi davvero dall’esterno è osservare il riflesso di se stessa. Anita è una ragazza vulnerabile allo stress, soffre di problemi di ansia, ma continua a combattere tutti i giorni contro un mostro che la spaventa a morte, sente come un peso che potrebbe spezzarla da un momento all’altro.

Paziente: Anita Bianchi 01/02/2023

Per la seduta di oggi le ho chiesto di descrivermi ciò che sente attraverso il mezzo di espressione a lei più connaturale: lei ha scelto la pittura. Si è presentata con un enorme disegno. L’immagine è divisa in tre parti: la prima rappresenta una tuffatrice, avente più o meno le sembianze della ragazza, che se ne sta su un trampolino disperso nel cielo a guardare in basso; la seconda parte, invece, ritrae la protagonista dell’opera mentre si tuffa in un’immensa distesa d’acqua, dove l’unica cosa che si può notare con certezza è il riflesso di lei. La terza e ultima parte, invece, è la più sorprendente, perché raffigura la ragazza in acqua che abbraccia quella che credo sia se stessa. La cosa che più in assoluto attira la mia attenzione è il fatto che quel disegno è basato interamente sulle sfumature del colore blu; così decido di soddisfare la mia curiosità e di chiederle di parlarmi di quel disegno.                                     

 

                                       
 “L’arte è il miglior metodo di espressione ed è grazie a questa che molte persone tentano di dare colore alle proprie idee” comincia lei “alle proprie sensazioni, ai pensieri e alle emozioni. Una volta scelto l’argomento che si vuole trattare, basta chiudere gli occhi e immaginarlo, il resto viene da sé”; ma perché proprio quel colore? Perché quell’ambientazione e perché quella scena? Ma, prima che io possa aprir bocca, lei continua il suo discorso dicendo: “Pensare che una come me possa aver fatto questo disegno è incoerente, non trovi? Il colore blu, l’acqua…Eppure ti assicuro che quello che vedi è tutto ciò che sono io in
questo momento”. Il discorso si sta facendo sempre più intrigante e soprattutto complicato: “Ancora non capisco: perché scegliere cose che odi per descrivere te stessa?”. La risposta mi lascia a bocca aperta: “Non sei la prima persona che me lo chiede, in tanti mi hanno posto questa domanda, ma nessuno ancora mi ha mai chiesto perché odi così tanto quel colore e perché mai mi limito solamente a guardare il mio riflesso in acqua senza avvicinarmi ad essa. Curioso come le persone facciano fatica ad immedesimarsi nei punti di vista altrui. Nonostante questo, ti chiedo di entrare per un momento nella mia mente: guarda quel
disegno con i miei occhi: lì dietro c’è una storia, la mia, quella di una ragazza che d’un tratto si ritrova a dover guardare la sua vita, se stessa, da lontano (il riflesso visto dal trampolino); la storia di una ragazza che vorrebbe sapere come ci si sente a tornare nel proprio corpo, a vivere la propria vita in prima persona.; la storia di una ragazza che vorrebbe tuffarsi nella propria mente e riprenderne finalmente il controllo (il tuffo verso il riflesso e l’abbraccio finale). Ecco il vero significato del disegno. Riesco a entrare nella sua ottica e in effetti è vero, quel disegno è semplicemente una rappresentazione di quella che è la lotta contro se stessi e di quello che è il passo determinante verso il successo. Quella non è solo la sua storia, è anche il suo sogno, il suo desiderio più grande: la pace con la sua stessa anima. Però ancora una cosa non mi è chiara: “Perché proprio il colore blu?” chiedo io. “Dicono che la vita sia fatta di tante sfumature, eppure io da tempo vedo solamente tutto blu…non vedo più il colore della passione, quello dell’affetto, né tanto meno quello della felicità o della tranquillità…vedo il blu della paura, di un tempo che non scorre e non ricordo minimamente di cosa siano fatte le altre sensazioni. Quindi ti prego, ora dimmi: di che colore sono le emozioni?”