I diciottenni dovranno dire addio al bonus di 500 euro, con cui avrebbero potuto alimentare la loro cultura attraverso teatri, libri, concerti, abbonamenti, corsi di lingua e chi più ne ha più ne metta. Cerchiamo ora di capire in cosa consista questa scelta, e perché abbia alzato il polverone mediatico che abbiamo potuto osservare negli ultimi giorni.

I partiti di maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) hanno recentemente introdotto un emendamento che reindirizza le risorse del bonus 18app (circa 230 milioni di euro) a sostegno
del mondo dello spettacolo e della cultura. Per dare quindi un aiuto a teatri, librerie, fondazioni culturali e così via.
Al suo posto nascerà “Carta cultura”, le cui condizioni e caratteristiche verranno definite dal ministro Sangiuliano e i suoi
sottosegretari entro i primi di gennaio.

La decisione della maggioranza non ha tardato ad
alimentare critiche e dissenso da parte dell’opposizione. In particolare, Matteo
Renzi si ritiene pronto all’ostruzionismo parlamentare, poiché
l’emendamento rappresenta un ostacolo all’approccio dei giovani alla cultura.
Effettivamente la decisione della premier Meloni pare paradossale: in campagna
elettorale aveva messo in evidenza come i giovani fossero stati privati di
ambienti per il loro sviluppo culturale, e ora limita fondi che si erano
dimostrati molto efficaci per avvicinare i ragazzi alla cultura.

E’ vero, l’istituzione della “Carta cultura” può apparire come un palliativo a tale perdita, ma andiamo ora ad analizzarla nello specifico.
La principale differenza è che questo nuovo bonus verrà dato solo a coloro
aventi un reddito più basso, citando parole della Meloni:
18app è una misura che va rivista. Per alcuni motivi banali: il primo è che questi
500 euro al compimento dei 18 anni vengono riconosciuti a tutti,
indipendentemente dal reddito. E io penso che non ci sia ragione per la
quale la ricevano i figli di un milionario, di un parlamentare, o mia figlia”.

Tutto logico, se non fosse che il limite massimo di reddito per gli aventi
diritto al bonus è stato fissato a 35mila euro. Credetemi se vi dico che un ragazzo di una famiglia con un Isee di 35mila euro non è né milionario, né figlio di un parlamentare o di Giorgia Meloni.

E’ stata inoltre introdotta la “Carta al
merito”, cumulabile alla “Carta cultura”, ovvero la possibilità di ricevere altri 500€ se si ottiene un punteggio di 100 centesimi
all’Esame di Stato. Paradosso, a parer mio, poiché uno studente che esce dalle scuole superiori con 60 possiede oggettivamente meno cultura generale rispetto ad un altro che, invece, riesce a diplomarsi con 100. Di conseguenza, un ragazzo che si diploma con il minimo, se messo a paragone con uno che invece si diploma col massimo, ha più bisogno di incentivi, anche monetari, per poter ampliare il proprio sapere. Siamo davanti all’ennesima manovra che va solo ad alimentare una società che vede gli studenti come numeri, dove solo chi ha il numeretto più alto
guadagna il diritto di vedere finanziata la propria cultura.

In aggiunta, le limitazioni inserite cozzano con
il quadro economico italiano: ci troviamo in un paese con un’evasione fiscale
che ogni anno supera gli 80 miliardi di euro, è quindi assurdo supporre che una
famiglia con più di 35mila euro di reddito non abbia bisogno di quei 500€.
La 18app era divenuto un modello positivo per tutta Europa, tanto che Francia e
Germania avevano introdotto bonus simili a quello nostrano, mentre l’Italia ha fatto
il passo del gambero ed è tornata indietro come suo solito. Sono stati tolti
fondi per la cultura, comparando normalissimi ragazzi a figli di parlamentari,
mentre, rimanendo in tema, sono stati stanziati 5500 € di “bonus di Natale” per
ogni parlamentare. Ci siamo fatti un’altra volta riconoscere in tutta Europa.

Per questi ed altri motivi, la questione ha
generato varie petizioni, create da giovani che vedono nuovamente leso il loro
diritto alla cultura, cosa accettabile solo se si vuole far crescere cittadini
ignoranti e privi di una visione critica del mondo.