Il XXV Settembre MMXXII tutti i patrioti aventi diritto sono stati chiamati alle urne, per eleggere le dve camere e, quindi, il nuovo governo. Il risultato lo conosciamo tutti, inutile ripeterlo, perché chi ha vinto è palese, ma una domanda ben più intrigante è: Chi ha perso?

So che state pensando che la Sinistra abbia perso, perché il PD ha perso, ha deluso le aspettative e magari aspettate anche trepidanti l’elezione del nuovo segretario, sperando in una ricrescita del PD (Pare che Letta, mr Occhi di Tigre, non si ricandidi). Già leggo sulle vostre bocche che la campagna elettorale del PD si è basata solo sul demonizzare gli avversari demoniaci e che questa scelta gli sia costata caro. Forse tutto ciò ha anche un fondamento di verità, ma già che siamo qui, invece di impartire “fondamenti di verità”, diciamocela tutta per intero: la sinistra non ha perso.

La sinistra non è proprio scesa in campo. Dire che la Sinistra ha perso sarebbe come dire che in un match tra Verona e Cagliari ha perso il Sassuolo. Il Sassuolo non ha giocato, non è sceso in campo. Nessun giocatore ha rappresentato tutti i tifosi che vogliono vedere la maglia Neroverde vestita. Nessun goal subito, nessun goal segnato, nessun tifoso del Sassuolo negli spalti. Semplicemente non ha giocato. Questo è il punto delle elezioni: non è che la risposta della Sinistra è stata debole e poco compatta, la sinistra non si è presentata, si sono presentati solo partiti che in parte, in malo modo e all’ultimo secondo hanno dovuto inventare delle finte proposte di riforme progressiste, per cercare di accaparrarsi il voto della sinistra. Con la conseguenza, più che comprensibile, che l’elettorato meno conservatore ha dovuto scegliere se affidarsi a un partito che per anni quando ne ha avuto l’occasione non ha fatto politiche neanche all’aroma di sinistra, o se astenersi dal voto.

Il risultato è che un partito senza idee, come il PD, è riuscito comunque a ricevere il 19% dei voti (voi la chiamate sconfitta, io la definirei una magica vittoria) e che il 36% si è astenuto. Per capire la portata dell’evento basta leggere i dati: Il primo partito d’Italia non è quello fascista nazionalista della Meloni, ma quello degli astenuti. Se, per assurdo, tutti gli astenuti fondassero un loro partito e si presentassero, sarebbero il partito più votato d’Italia.

Il lettore più incalzante, ora, starà già per commentare che non tutti gli astenuti lo hanno fatto perché sono di sinistra e che in Italia c’è anche un grande disinteresse per la politica in generale. Affrontare questo tema non è cosa semplice, senza dubbio, e pensare di ricondurre l’astensionismo a un solo motivo sarebbe folle. Tuttavia uno dei motivi più grandi, a mio avviso, oltre al benessere generalizzato che fa sì che occuparsi di politica non sia indispensabile alla propria sussistenza, è che la Sinistra ha smesso di occuparsi del territorio.

Il territorioaltro non è che il luogo dove siamo confinati a camminare, incontrare altre persone, lavorare, insomma, vivere. Quello è il nostro metro di giudizio, lì notiamo i reali cambiamenti, giudichiamo l’operato dei servizi del Welfare-State, sentiamo le nostre necessità. Ogni luogo, ogni quartiere è una realtà a sé stante, con le sue necessità, i suoi problemi e le sue complessità. In questi anni la politica ha abbandonato le strade, si è rifugiata dietro uno schermo, che sia della televisione, Instagram o TikTok e ha smesso di organizzare manifestazioni, assemblee, cortei, comizi nei posti dove la gente vive davvero. Il mondo reale non è nei server di Zuckerberg e neanche in Parlamento. La “Sinistra” negli anni ha abbondonato le sedi nei vari quartieri, ha smesso di essere un centro di socialità, informazione e punto di riferimento per le persone, che ormai sentono la politica come qualcosa di distante.

Per cui non ci possiamo stupire se alla gente non interessa più la politica e neanche se la “sinistra” è diventata sempre più di centro e meno di progressista: alla sinistra non interessa più delle persone e alle persone non interessa più della sinistra e non possiamo separare i due aspetti.