Qualche settimana fa, nella nostra scuola, si è deciso di condurre un’indagine statistica tra gli studenti, per capire l’opinione dei ragazzi sulla settimana corta. La proposta del cambio di orario scolastico, formulata e diffusa dalla vicepresidenza, ha sin da subito destato l’interesse di molti, che, attratti dall’idea del week-end lungo, hanno manifestato il loro appoggio alla riforma votando “favorevole” al sondaggio.

D’altra parte una sostanziosa minoranza si è espressa contraria alla riforma che, inevitabilmente, allunga le giornate scolastiche, causando disagi a chi svolge attività pomeridiane. Questo ha diviso la scuola in due fazioni contrapposte, entrambe molto agguerrite, e ha convinto il dirigente scolastico a rimandare tutto all’anno successivo, per evitare conflitti all’interno della scuola. Conflitti che però si sono creati eccome, specialmente tra la maggioranza degli studenti che sostiene ingiusta la decisione del preside, dal momento che il 65% si è espresso favorevole alla settimana corta nel sondaggio.

“Non possono fare come gli pare”, “Il sondaggio parla chiaro”, “Ma che democrazia è questa?”, sono tra le frasi più pronunciate di questi giorni e, per quanto il malcontento di chi le pronuncia sia condivisibile, lasciano l’amaro in bocca: è chiaro che non sanno quale sia il funzionamento dell'”istituzione scolastica”. Questo è il vero problema: pensare che un sondaggio sia vincolante per la scuola e non conoscere gli organi che invece davvero prendono le decisioni. Non conoscere come funziona la scuola significa non essere in grado di cambiarla, significa non saperla rinnovare, non saperla mantenere, significa rinunciare a dire la propria. Invece di arrabbiarci contro la decisione del preside di rallentare il processo di approvazione della riforma, dovremmo arrabbiarci perché non ci insegna come funziona la scuola. Se la scuola non ci spiega come funziona la scuola stessa, figuriamoci se riesce a spiegarci come funziona tutto il resto!

Non solo, quindi, è emersa una grande lacuna nozionistica degli studenti nella nostra scuola, ma è emersa anche una lacuna democratica: gli studenti non sanno cosa e perché votano. Gli alunni non conoscono il “consiglio d’istituto” e quindi non si rendono conto della reale funzione dei rappresentanti d’istituto così come non si rendono conto che non sono l’unica componente scolastica. A far parte della “macchina” Scuola, non ci sono solo gli studenti ed è giusto che le decisioni non le prendano da soli. Nel consiglio di istituto vengono rappresentati infatti: studenti, preside, professori, personale ATA e genitori e se così non fosse il processo avrebbe ben poco di democratico, ma sarebbe ben più simile a una dittatura degli studenti.

Dunque chiedere la settimana corta, solo perché il 65% degli studenti è favorevole, sarebbe sbagliato e violerebbe il processo democratico con cui funziona la scuola e più in generale la nostra società. Ancora una volta, quindi, la vera protagonista di questa vicenda non è “l’ingiustizia del preside cattivo”, ma l’ignoranza di gran parte degli alunni, che svela un problema ben più grande: la negligenza del sistema scolastico, che non ha reso parte attiva della vita scolastica lo studente, che si ritrova a essere succube di un sistema a lui incomprensibile, e di cui può solo lamentarsi, senza mai essere davvero in grado di cambiarlo.