Che cos’è l’arte concettuale?

Negli anni 60 del ‘900 l’arte cambia forma, anzi la elimina del tutto. Nasce l’arte concettuale, secondo cui ciò che fa l’opera non è l’opera in sé, ma il concetto che vuole esprimere l’artista. Per questo non viene dato peso all’estetica e alla bellezza visiva dell’opera. Cambia anche la figura dell’artista, che non è più un abile pittore e scultore, ma un abile pensatore.

One and three Chairs

Joseph Kosuth
Tra i più grandi esponenti dell’arte concettuale va sicuramente citato Joseph Kosuth, artista statunitense ancora oggi in attività. La sua opera più famosa è certamente “One and three Chairs”, la quale mette davanti all’osservatore una sedia vera e propria, la riproduzione grafica della sedia e la definizione della parola “sedia” sul vocabolario.

Che concetto esprime l’opera?
Il concetto che quest’opera vuole comunicare rimanda alla filosofia di Platone, secondo cui l’idea è la perfezione, e in questo caso la definizione di sedia rappresenterebbe l’idea. Poi affianco c’è la sedia in sé, che è una copia dell’idea e quindi non è perfetta, e infine c’è la riproduzione grafica della sedia, che sarebbe una copia della copia e dunque ancora più imperfetta.

Michelangelo
Anche se questo tipo di arte era già stato sperimentato ben 400 anni prima, da uno dei Maestri dell’arte: Michelangelo Buonarroti. Secondo Michelangelo, rappresentare un corpo, quindi la bellezza esteriore in modo eccelso, portava l’artista a rappresentare anche la bellezza spirituale dell’opera. Infatti ciò che contraddistingue Michelangelo è proprio la bellezza dei corpi rappresentati, basti vedere il “David” in scultura o “Il Giudizio Universale” in pittura.

Atlante

Bellezza spirituale
Negli ultimi anni di vita, Michelangelo cambia completamente opinione; inizia a pensare che in realtà la bellezza esteriore distolga l’uomo dalla spiritualità, e proprio per questo motivo considera dannata la propria anima. Ciò lo possiamo notare nelle sue opere non finite, come ad esempio il prigioniero “Atlante” o la “Pietà Rondanini”, in cui Michelangelo, da vero concettualista, non cura l’aspetto fisico dell’opera ma si occupa di quello concettuale. Ad esempio, Atlante incastrato nella pietra dà una sensazione di prigionia e di assenza di libertà.

I non finiti di Michelangelo fanno capire la sua immensità e come sia riuscito ad anticipare la storia dell’arte di ben 400 anni rimanendo sempre attuale.