Marcello D’Orta è stato un maestro della scuola primaria, che ha insegnato per tanti anni nel sud Italia. Nel 1990 ha pubblicato “Io speriamo che me la cavo“, ossia una raccolta dei temi più brillanti letti nella sua carriera. Brillanti e vivaci proprio come i bambini, che esprimono ciò che vivono con estrema lucidità, toccando temi forti come la mafia e la prostituzione. Marcello D’Orta, che non era meridionale, ha colto subito qualcosa di geniale in quelle pagine.

Di seguito vi proponiamo uno dei temi, un modo carino per parlare dell’8 marzo senza retorica.

L’8 marzo è la festa della donna. Parla della condizione femminile.

Io penzo (e credo) che la donna deve essere uguale a l’uomo, perché non è giusto che non è uguale. L’8 Marzo la donna deve essere uguale, all’uomo!
In quel giorno tutti gli uomini portano le mimose alle donne, e anche agli altri uomini, però io conosco un uomo che l’8 Marzo a una donna gli diede un calcio. Melo ha raccontato mio patre.
Mio patre porta i tram adesso, ma una volta faceva il pompiere. Allora accadde che una donna dell’8 Marzo si voleva buttare giù dal tetto, e chiamarono i pompieri. Mio patre era quello che saliva sulle case per non fare gettare la gente dai palazzi. Lui salì, e quando si trovò faccia a faccia con la pazza gli disse: «Ma tu perché ti vuoi buttare per farci passare un guaio a noi?».
Allora quella un poco ci penzò ancora se si voleva buttare o ritornare nel salotto, e penzò di buttarsi. Ma anche mio patre si buttò su di lei e la prese.
Quando scesero giù, un amico di mio patre, che era pompiere (ma giù) diede un calcio alla pazza per la paura che s’era preso.
Io se ero quel signore il calcio non glielo davo quel giorno ch’era l’8 Marzo, un altro giorno sì.