Tutti, guardando Star Wars ci saremo chiesti come sarebbe vivere nello spazio, sognando una possibile popolazione di umani cosmonauti. Ma i nostri vicini a 100 km dalla crosta terrestre sarebbero affascinanti quanto Han Solo o avrebbero un fisico robusto e salutare quanto quello di Darth Vader?

In primo luogo, questi possibili bambini spaziali devono nascere, e ciò porta le sue complicanze. Parliamoci chiaramente, in un ambiente a 0 G è complicato perfino abbracciarsi, non oso immaginare avere un rapporto.
Bene, in aiuto ai nostri cari astronauti allupati, viene la tuta “2suit”: questo indumento ha una grande patta davanti che può essere aperta e attaccata a un’altra tuta dello stesso genere. Con la divisa, per quanto scomodo, pare sia possibile concepire un bambino a 0 G.

la peculiare tuta 2suit

Il problema del concepimento non finisce solo qui però. In un ambiente a 0 G, gli enzimi responsabili del rallentamento delle code degli spermatozoi non funzionano. Vuol dire che le cellule “nuoterebbero” molto velocemente, con conseguenze ancora sconosciute.

Superati gli ostacoli, teoricamente sarà nato il primo bambino extraterrestre, che però correrà il rischio di letteralmente prenderli in faccia gli ostacoli. Infatti, i bambini nati nello spazio avranno uno scarsissimo senso dell’orientamento.
Ciò è causato da un difetto nel sistema vestibolare. In parole povere, questa struttura sfrutta il flusso di un liquido per darci il senso di equilibrio e di orientamento nello spazio; a 0 G, il liquido fluttuerebbe, creando grandi scompensi. Di questo problema abbiamo prove certe: ciò è già avvenuto nel 50% degli astronauti, tanto da aver guadagnato perfino un nome tutto suo, la “space adaptation syndrome”.
Per avere informazioni più chiare sulla questione, e anche perché fare esperimenti strani con gli animali è sempre bello, sono stati mandate delle topine incinte nello spazio, che poi hanno partorito in orbita. Anche qui, la teoria è stata confermata: i topi nati a 0 G avevano uno scarso senso della direzione. A vantaggio dei topi spaziali, va però detto che si orientavano molto bene in acqua, cosa che effettivamente sarebbe utile se si dovesse “galleggiare” in una stazione spaziale.

Un secondo problema, è che il liquido nel sistema vestibolare non sarebbe l’unico a fluttuare. In orbita, tutti i fluidi del corpo fluttuano andando verso l’alto, è proprio questo che dà agli astronauti quella tipica faccia gonfia da omino Michelin.
La pressione causata dai fluidi che salgono alla faccia, può andare a compromettere la vista degli astronauti. Per esempio, molti viaggiatori dello spazio hanno riportato espansione dei fluidi intorno al nervo ottico, bulbi oculari schiacciati e persino rigonfiamenti nei nervi ottici.
Nascere e crescere con degli occhi così logorati, sicuramente non gioverebbe ai bambini nati in orbita. Possiamo quindi aggiungere che non solo questi bambini prenderebbero gli ostacoli in faccia, ma neanche li vedrebbero.

la tipica faccia gonfia dell’astronauta

Visto che mi piace tanto parlare di fluidi, aggiungerò un altro problema causato da essi. L’accumulo di fluidi che si va a formare nel cervello, causa un particolare inganno: “penseremo” di avere troppi liquidi nel corpo, e in risposta meno sangue verrà prodotto dal metabolismo. Ciò causa negli astronauti un cuore debole e atrofizzato, proprio come quello della mia ex.

Ora però basta con i fluidi, ho un argomento più interessante: i mutanti. I bambini spaziali saranno tanti piccoli x men… se per x men intendi persone con problemi di circolazione e una predisposizione alla demenza senile.
La Terra non ci dà solo forza di gravità, ma ci protegge anche dalle radiazioni. Senza la protezione dell’atmosfera, gli organismi sarebbero molto più soggetti a mutazioni.
Ciò è per esempio accaduto in dei topi esposti a radiazioni durante viaggi interplanetari. I piccoli mammiferi hanno presentato un differente flusso sanguigno al cervello e grandi placche, tipiche dei malati di Alzheimer.

Continuando a parlare del cervello, l’isolamento dato dalla vita in una stazione spaziale sicuramente non ci giova al livello psicologico. Ad esempio, gli scienziati delle stazioni di ricerca in Antartide hanno presentato sintomi di depressione, che ha avuto anche effetti psicosomatici. Questi studiosi hanno infatti sviluppato una scarsità di cellule T, con un conseguente sistema immunitario compromesso.
Sapendo ciò, possiamo dire che i bambini dello spazio non saranno solo depressi, ma anche perennemente raffreddati, sarebbero un tipico studente del liceo in pratica.

Un altro punto, è che la mancanza di forza gravitazionale toglierebbe pressione al nostro sistema scheletrico. Ciò ha i suoi svantaggi e i suoi vantaggi.
Da un lato, la spina dorsale non sarebbe più schiacciata, ciò può portare ad una crescita in altezza fino al tre per cento. Dall’altro lato però, la mancanza di stress sulle ossa, causa un processo di atrofizzazione che può portare ad una perdita della massa ossea fino al sessanta percento. In poche parole, i giovani dello spazio sarebbero degli spezza-cuori alti un metro e ottanta, ma con l’osteoporosi.
L’atrofia non colpirebbe solo le ossa, ma anche i muscoli, combattere un bambino sarà più facile di sempre!

Sapendo tutte le conseguenze della vita nello spazio, possiamo ora immaginare un bimbo cresciuto in orbita. I nostri vicini extraterrestri avrebbero la faccia molto gonfia, arti sottili e un sistema muscolare in generale sottosviluppato, per farci un’idea basta pensare a dei bambini affetti da rachitismo (una malattia che indebolisce le ossa). In aggiunta a ciò, avrebbero tutti i problemi psicologici, di vista e di equilibrio dei quali ho parlato in precedenza,

Bambini affetti da rachitismo

In conclusione, la vita nello spazio è per ora un sogno lontano. A meno che non vogliamo avere delle sorta di Gollum fluttuanti, ci conviene prima sviluppare dei sistemi di terra-formazione dei pianeti, o almeno di simulazione della gravità.