Ormai sono già due anni che viviamo una situazione pandemica. Mai come in questi giorni, ci siamo resi conto dell’importanza della medicina (basti pensare a come siamo riusciti parzialmente ad arginare la malattia virulenta attraverso i vaccini) e delle sue difficoltà (quante volte abbiamo assistito a dibattiti contrastanti tra professori e ricercatori).

Forse, però, la situazione ci ha distolto dal fatto che ogni anno ci sono malattie che portano a un resoconto di milioni e milioni di morti. La scienza si occupa quotidianamente di questi temibili avversari e da poco è stato diffuso uno degli ultimi risultati ottenuti: martedì 15 febbraio, alcuni scienziati, alla “Conferenza sui retrovirus e infezioni opportunistiche”, hanno annunciato che una donna (di razza mista) è stata la terza persona in assoluto a essere guarita dal virus dell’HIV.

La malattia della donna è stata scoperta nel 2013 e da allora è stata sotto trattamento di antivirali. La paziente è guarita con una tecnica differente da quella dei due pazienti precedenti: si è infatti usato un trapianto di sangue del cordone ombelicale di un donatore, che presentava una mutazione in grado di bloccare l’HIV. Ciò fa sì che molte persone possano donare il proprio sangue e avere una maggior possibilità di essere chiamati e aiutare, è infatti più semplice rispetto ai trapianti di midollo osseo in termini di compatibilità (solo 1 su 100.000 dona effettivamente).

[Ne abbiamo già parlato qui: “Perchè donare il sangue?https://lavocedicorridoio.com/2022/02/03/perche-donare-il-sangue/

e in “Dono, Non so Per chi ma so perchè” https://lavocedicorridoio.com/2022/01/18/io-dono-non-so-per-chi-ma-so-perche/ ]

I risultati ottenuti sono stati anche molto più incoraggianti, dati i pochi effetti collaterali.

Un altro punto fondamentale è stato il trapianto di cellule staminali da un parente prossimo, necessario per l’operazione già descritta, ma è ancora poco chiaro il motivo del ruolo così predominante avuto. La paziente ha continuato con l’uso di antivirali per trentasette mesi dopo il trapianto, ma, già dopo quattordici, gli esami del sangue non hanno più rivelato la presenza del virus, però nemmeno quella degli anticorpi.

È un fatto importantissimo che la donna non appartenesse a un solo gruppo etnico, sia in termini scientifici che di impatto su una comunità” sostiene il Dott. Steven Deeks, un esperto di AIDS non coinvolto all’interno del lavoro.

Alcune stime si riferiscono a circa 38 milioni di persone affette dal virus dell’HIV in tutto il mondo, ma solo il 73% di questi riceve un trattamento con antivirali: è chiaro però che ciò non basta per fermare una delle malattie più pericolose degli ultimi decenni: l’AIDS. Il caso di questa paziente è però importante per continuare a investigare e trovare una soluzione che ci auguriamo arrivi presto.

Per approfondire qui l’articolo del New York Times: https://nyti.ms/3gPfDbu