Ogni anno, il 27 gennaio è il “Giorno della Memoria“, ovvero la giornata dedicata al ricordo delle vittime dell’Olocausto. Proprio in questa data nel 1945, le truppe dell’Armata rossa entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, nel quale persero la vita milioni di persone.

Spesso si sentono raccontare tutte le tragedie di cui uomini, donne e bambini furono vittime durante la Seconda Guerra Mondiale, nei campi di sterminio. Migliaia di persone vennero avvelenate dal gas tossico Zyklon B, altre morirono di fame, di fatica, torturate da scienziati tedeschi e altri ancora scelsero di essere uccisi piuttosto che rinunciare ai propri ideali. Una frase in particolare, evidenzia la condizione di coloro che vissero nei campi di concentramento:

Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono

I campi, in realtà, non avevano la sola funzione di uccidere, infatti alcuni, tra cui quello di Mittelbau, erano definiti sottocampi di lavoro, nei quali i detenuti sostavano per un breve periodo di tempo, prima di essere reindirizzati nei campi di messa a morte come Auschwitz, Belzec e Grossrosen.

I campi di sterminio erano delle fabbriche della morte efficientissime, gestiti dalle Schutzstaffel o SS, e situati in diverse nazioni, tra cui Germania, Polonia, Belgio, Norvergia e molte altre ancora. All’arrivo, uomini e donne venivano divisi in due gruppi e classificati per provenienza (Rom, Testimoni di Geova, Ebrei ecc.) per poi successivamente essere visitati, al fine di sapere se fossero in condizione di lavorare in situazioni disumane. Coloro che erano ritenuti in grado di lavorare, venivano costretti a restare in quarantena per quasi due mesi al fine di prevenire le malattie infettive; chi al contrario, non era in grado di sostenere i ritmi, per motivi di vario genere tra cui ad esempio l’età, veniva immediatamente condotto nelle camere a gas dove ad attenderlo trovava i sonderkommandos, ai quali spettava il compito di guidare le vittime nei forni e di recuperare vestiti e denti d’oro.

Le officine della morte erano organizzate in aree: c’era l’ospedale, la prigione, il laboratorio per gli esperimenti e il reparto dei forni crematori. Uomini e donne dormivano nelle baracche, ammassati su letti a castello a tre piani. Ogni area era affidata a un Kapò, di solito scelto tra i detenuti comuni non ebrei, al quale spettava il compito di decidere la sorte degli internati.

I prigionieri ricevevano giornalmente tre pasti ricavando da alimenti come patate, rape, orzo, semola di miglio e farina di segale all’incirca 1300-1700 calorie, quasi la metà, quindi, di quante se ne dovrebbero assumere.

Sicuramente una sola descrizione di questi luoghi, non sarà mai in grado di trasmettere il dolore, oltre che la rabbia, di coloro che furono vittime delle atrocità dei Lager. Le testimonianze di uomini e donne tra cui, per esempio, Liliana Segre, possono lasciare un segno rilevante nelle nostre menti. Si dice che sbagliare è uno dei passi per raggiungere il successo; questo accade in quanto commettendo errori, poi si possano evitare. Ricordare il passato è alla base delle fondamenta del presente e del futuro. Bisogna però sottolineare che il ricordo è legato anche a coloro che ingiustamente morirono, a coloro che diedero la vita per preservare il futuro e anche chi, nonostante fosse riuscito a salvarsi, morì nell’anima nei campi di sterminio.

Per concludere voglio riportare le parole di Benjamin Capon, nato a Salonicco nel 1927, che venne arrestato ad Atene e successivamente deportato nell’aprile del 1944:

Facevamo parte di un convoglio di 2500 persone e, siamo entrati nel campo solamente in 648. Il convoglio era di 2500 persone, tutti gli altri li hanno subito mandati al crematorio, tra loro mia madre. Siamo arrivati al campo io e le mie due sorelle, mia madre e mio padre. Mia madre la stessa sera in cui siamo arrivati è stata bruciata. Le mie due sorelle sono entrate nel campo per lavorare mentre io e mio padre siamo stati messi nel campo degli uomini. Birkenau è il campo della morte, ogni giorno c’era una selezione, non mangiavamo, quelli che erano troppo magri finivano nel crematorio. Il campo era circondato da filo spinato che conduceva elettricità. Ogni giorno, ci dicevamo di non poter vivere, ma ogni speravamo di uscire il prima possibile”.

FONTI

https://encyclopedia.ushmm.org/content/it/article/nazi-camps

https://www.pinchetti.net/tesina/campi/alimentazione.html

https://www.corriere.it/cronache/22_gennaio_27/giornata-memoria-27-gennaio-shoah-6a8841aa-7f59-11ec-92d4-fb784b53d483.shtml?refresh_ce

https://www.corriere.it/cultura/salvi-per-caso/

https://it.wikipedia.org/wiki/Lista_dei_campi_di_concentramento_nazisti