Venti di Guerra

Le borse d’Europa crollano e i mercati sono gli indici della paura. Per capire come siamo giunti fino a qui, che come dice il Prime Minister inglese “siamo sull’orlo del precipizio“, è bene che facciamo un passo indietro per poter comprendere al meglio l’attuale situazione.

Lo strappo dell’Est. La rivolta delle regioni dell’Ucraina orientale contro l’autorità di Kiev inizia nella primavera 2014, pochi giorni dopo l’annessione della Crimea alla Federazione Russa. A Donetsk e Luhansk, capoluoghi delle due regioni confinanti con la Russia, i separatisti presero man mano il controllo delle istituzioni, creando nuove amministrazioni locali e convocando a maggio un referendum sull’autonomia, approvata a grande maggioranza. All’autoproclamazione dell’indipendenza seguì una guerra con le forze ucraine mai davvero conclusa: il bilancio è di 14.000 morti e 1.5 milioni di sfollati.

Oggi il Donbass è spezzato in questo modo, con le due regioni separatiste sempre più vicine a Mosca, che fornisce aiuti militari ed economici, pur non ammettendo la presenza di combattenti russi.

La Roadmap per la pace. Nel tentativo di definire una strada alla ricomposizione della crisi, tra il 2014 e il 2015 venne formato il Quartetto Normandia, composto da russi, ucraini, francesi e tedeschi. Il risultato dei negoziati furono i cosiddetti Accordi di Minsk, mai stati completamente implementati, con alcuni scambi di prigionieri e il “passo indietro” per gli armamenti più pesanti, rispetto alla linea di controllo.

In questi giorni gli Accordi di Minsk si sono nuovamente bloccati sulla tempistica dei punti decisivi: nuove elezioni e modifiche della Costituzione ucraina per rendere possibile l’autonomia delle regioni. Il vero problema in realtà è alla base: Mosca non si considera parte direttamente coinvolta, ma mediatore. Mentre le autorità ucraine non riconoscono la legittimità dei separatisti e non intendono trattare direttamente con loro.