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Negli ultimi anni si è parlato spesso di ambiente, specialmente a seguito della formazione del movimento internazionale FridaysForFuture, nato dopo l’ascesa, nel dibattito pubblico, di una figura che ha portato con sé tanto odio e pregiudizi. La persona in questione è naturalmente Greta Thunberg, che ha influenzato l’intero globo coinvolgendo prima milioni di persone nelle sue manifestazioni , poi creando un’esigenza nel mercato: la necessità di essere “green“, cioè di avere il minor impatto possibile sul nostro pianeta.

Chiaramente questo è un fatto positivo, perché di colpo, nel giro di un anno, gli imprenditori hanno cominciato a investire con più sicurezza i propri capitali sulle fonti rinnovabili. Nello stesso modo, la ricerca di queste tecnologie, ora più appetibili dal punto di vista economico, hanno ricevuto maggiori finanziamenti, attenzioni e, di conseguenza, anche un maggior eco mediatico. Purtroppo, però, come si suol dire, non è tutto oro quello che luccica: in mezzo ai tanti tentativi di dare una svolta green alla propria impresa, altre aziende hanno optato per una transizione solo apparente, ma non concreta. Anzi, in realtà neanche apparente, perché sono sufficienti pochi dati per comprendere come le aziende non siano green al momento e non progettino di esserlo in futuro. L’unico interesse è attrarre capitali e, da bravi imprenditori, hanno fiutato l’affare, proclamandosi protettori del nostro pianeta. Il fatto è che, di nascosto, lo stanno condannando. Questo fenomeno, che è in forte crescita, ha come protagonisti alcuni colossi, come ad esempio Eni o Shell -che tra l’altro collaborano- ed è chiamato “Green Washing”.

Eni che finge invano di essere green.

L’esempio più recente, in Italia, è sicuramente quello di Eni, o meglio,”plENItude“, sponsor ufficiale di Sanremo. Come si nota nell’immagine che ha raggiunto milioni di persone, visto il grande numero di spettatori che raggiunge il festival ogni anno, questa S.p.a. si dichiara assolutamente rispettosa del mondo in cui viviamo.

Non ci vuole una laurea, però, per capire che le cose stanno diversamente: Eni è l’emblema di come un’azienda possa nuocere alla società, con le sue politiche imperialistiche con cui si è imposta sul mercato. Altro che libero mercato e competizione corretta, dunque, visto che Eni si è imposta giocando sporco, depredando Paesi in via di sviluppo e, ancora oggi, continua la sua linea ipocrita vendendosi come ciò che non è. Il cane a sei zampe che, sia nel logo sia nei suoi atteggiamenti, sembra essere figlio del demonio, si vanta, di aver sin da subito sfruttato i territori africani. Territori, tra l’altro, che nel corso della storia noi Europei abbiamo sempre sfruttato, così come abbiamo fatto con i loro abitanti, e abbiamo intenzione di proseguire ancora. Scrive Eni sul sito ufficiale, parlando dell’Africa (non cito perché non si meritano views) “È il continente in cui abbiamo mosso i primi passi fuori dall’Italia nel 1954 e dove trovano spazio i capisaldi del nostro modello di business”. Una rivendicazione delle loro politiche imperialistiche, che, però, posta in questo modo sembra aggiungere un valore in più all’azienda. In realtà si stanno vantando di sfruttare chi non si può opporre.

Tornando alla questione ambientale, le politiche di Eni non sono diverse e, a ricordarcelo, stavolta, ci pensa Legambiente: “Stiamo parlando dell’azienda italiana che per il quarto anno consecutivo si qualifica come miglior società esplorativa del settore [petrolifero], con attività in 67 paesi in tutto il mondo, dal mare di fronte alle meravigliose coste dell’Algarve in Portogallo e quello dell’Alaska nel circolo polare artico”. Pura propaganda ambientalista? Intanto Eni quest’anno ha scoperto un nuovo giacimento di petrolio e di certo non scavava in cerca di pannelli fotovoltaici o di pale eoliche. Un atteggiamento, permettetemi di dirlo, alquanto bizzarro per un’azienda che programma la transizione dal petrolio alle rinnovabili. Sarebbe come cercare di smettere di fumare andando in cerca di sigarette. Non disperiamo, però, perché Eni ci assicura che si impegnerà nell‘estrarre petrolio e gas, con cui avvelenarci, sfruttando altri paesi, nel totale rispetto dell’ambiente, qualsiasi cosa significhi.

Inoltre, nel corso degli anni, ha anche perso alcune battaglie legali per pubblicità ingannevoli, ma non credo che a questo punto possa più sorprendere. Quello che, invece, può sorprendere, o meglio, può inquietare, è che lo Stato in tutto questo la difende a spada tratta. Curioso come uno stato a maggioranza cattolica appoggi satana (la somiglianza è talmente forte che entrambi sputano fuoco dalla bocca), tanto da esserne ancora uno degli azionisti di maggioranza.

Insomma quando si legge “Green, è sempre bene informarsi davvero sull’azienda che si dichiara tale, altrimenti si rischia di essere presi in giro e di assecondare, ancora una volta, il mercato delle fonti fossili.

Approfondisci:

https://www.changeclimatechange.it/contro-eni-abbiamo-fatto-il-pieno/