la Costa concordia, naufragata all’imboccatura di Giglio Porto

Dieci anni sono passati dalla sera del 13 gennaio 2012, quando la Costa Concordia, la più grande nave della Marina mercantile italiana, naufragò di fronte l’imboccatura di Giglio Porto.

La Concordia venne battezzata nel lontano 2006 dalla madrina Antonella Clerici, con il tradizionale lancio della bottiglia di champagne che fatidicamente non si ruppe sulla fiancata.

La nave salpò dal porto di Civitavecchia alle ore 18:57 con 4229 persone a bordo, equipaggio incluso. Due ore dopo avvenne la deviazione dalla rotta tradizionale, per conto del comandante della nave, Francesco Schettino, a cui era stato affidato il comando della Costa Concordia nel 2006. La piccola deviazione consisteva nell’eseguire una pratica, inaugurata nel 1993 da un comandante abitante dell’isola, conosciuta come “l’inchino“. La manovra veniva realizzata dal comandante per rendere omaggio a qualcuno sulla terraferma (nel caso della concordia per la madre del maitre della nave, abitante di Giglio Porto) e dare la possibilità ai passeggeri di ammirare da vicino lo spettacolo dei paesi illuminati di notte. Questo saluto fu decisivo per le persone a bordo. Erano le 21.45, quando la nave urtò “le Scole”, un gruppo di scogli situato nei pressi dell’Isola del Giglio, nell’Arcipelago Toscano. L’impatto fu devastante e provocò un grosso squarcio nello scafo della Concordia, innescando uno dei più grandi disastri della storia navale italiana: in pochi attimi, quella che sarebbe dovuta essere una vacanza si trasformò in un incubo per tutti i passeggeri, provocando 32 morti e 157 feriti.

Il disastro si sarebbe potuto evitare se le indicazioni fossero state più chiare e se si fosse proceduto a dare l’emergenza generale immediatamente dopo l’impatto, rendendo la situazione molto meno complicata. Ma il gesto che creo più scalpore fu proprio quello del comandate Schiettino, che mise piede sulla terraferma quando ancora la maggior parte delle persone si trovava a bordo, nonostante fosse stato intimato al telefono numerose volte dal comandante della Capitaneria di Porto di Livorno.

Al contrario, da ammirare il comportamento di Mario Pellegrini, in quei giorni vicesindaco del comune di Isola del Giglio, che, nonostante il caos presente a bordo della nave, fu il primo a soccorrere i passeggeri intrappolati e, dopo sei ore, l’ultimo a tornare a terra.

Le operazioni di salvataggio finirono intorno alle 5 del mattino del 14 gennaio, alle quali contribuirono anche gli abitanti dell’Isola del Giglio, offrendo la chiesa e le proprie abitazioni per l’accoglienza dei naufraghi. Altri furono messi in salvo su scialuppe, venti motovedette, sei elicotteri, dodici navi mercantili e tre rimorchiatori.

Nel 2017, l’ex comandante Francesco Schettino fu condannato a 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo e l’abbandono di nave con passeggeri a bordo.

Questa vicenda, sfortunatamente, rappresenta anche un notevole danno provocato all’intero ecosistema marino. Il relitto fu rimosso solamente circa un anno e mezzo dopo l’accaduto, nel luglio del 2014, quando venne rimosso e trasportato al porto di Genova. La bonifica dell’area sottomarina dell’Isola del Giglio è stata completata solo meno di quattro anni fa nel 2018.

Purtroppo, a distanza di dieci anni dalla tragedia, la ferita causata dal naufragio non si è ancora risanata e lascia nelle menti di molte famiglie ricordi indelebili.